martedì 15 aprile 2014

lost in translation.

assicuratevi di riposare almeno sei o sette ore dopo l'assunzione di lendormin.
mmmh.. così dice il foglietto illustrativo..
ma ho mandato giù già due pastiglie con gin tonic e vino rosso e mancano meno di tre ore all'atterraggio e io sono con gli occhi sbarrati giocando a street fighter, dove ovviamente sono chun-li e puntualmente perdo tutti gli incontri con blanco.
l'emozione del viaggio mi tiene sveglio, così non mi perdo il boeing 787 della japan airlines che sta atterrando su narita mentre un sole leggero delle otto del mattino illumina perfettamente il monte fuji.
sono a tokyo. sono in giappone e la mia missione è scoprire la ricetta dell'amore perfetto raccontata da una geisha.
come riuscire nella missione, quando il solo cercare un adattatore per la presa elettrica giapponese mi sta costando più fatica di quando sono stato un mese in India da solo.
gli adattatori per europei sono merce rara a tokyo. potrei spacciarli a roppongi insieme a un pó di MD.
l'MD potrebbe essere anche una valida soluzione per alleviare i crampi da fame che ho. sono ore cazzo che mi aggiro per shinjuku e nessun cazzo di posto accetta carte di credito. 
non ho cash. i bancomat hanno solo le funzioni in giapponese, e a meno che io non mi metta a studiare ideogrammi come super vicky, vedo abbastanza dura l'opzione mangiare adesso senza spendere una fortuna.
anche al mcdonald non accettano carte di credito.
anche al mcdonald non parlano inglese.
cioè sono a tokyo o in botswana?
ad harajuku invece seguo la folla di teenagers e poco più che ventenni vestite da bambole romantiche, cameriere vittoriane e gothic lolitas. un trip praticamente. che se sabato qualcuno mi offre una botta di keta ci resto scemo per sempre.
quando è già notte la comunicazione con i giapponesi ha raggiunto livelli da trattamento sanitario obbligatorio.
mi trovo ad omoide-yocochō. un dedalo di stradine strette strette che costeggiano 
un lato dei binari della stazione di shinjuku. 
è la vecchia area dei yakitori bar. 
sulla brace spiedini di frattaglie e shabu shabu sui banconi. riuscire ad occupare uno dei tanti sgabelli non è cosa facile.
nonostante l'odore e i nuvoloni di fumo, qui clienti affezzionatissimi aspettano pazienti l'ultima birra ghiacciata di qualcuno che ne ha abbastanza di spiedini di pelle, di cuore e di palle.
cammino senza senso. 
mi perdo.
sono lost in translation.
guardo questo esercito di pupazzetti che marcia freneticamente.
ci sono tutti.
sabrina, jhonny e tinetta.
c'è licia e marrabbio. i beehive suonano davanti alla stazione. e quelle ragazzine in divisa? 
porca troia le guerriere sailor esistono davvero.
chissà se la mia geisha saprà aiutarmi.
adesso non mi importa più molto.
il mio cuore di viaggiatore è sazio.


domenica 13 aprile 2014

jo is in japan!

jo c'è ma è in giappone


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martedì 8 aprile 2014

voglio essere geisha come genere..

9.30 am
il citofono suona. è il postino, che sebbene debba farlo solo due volte da copione, oggi suona tre, forse quattro.
niente. nessun rumore. non c'è nessuno.
13.15 am
stavolta è l'iPhone adagiato sul pavimento del soppalco a squarciare il silenzio del numero 21 di via tavazzano. 
ma nessuno risponde nè stacca la chiamata. 
sono in casa , disteso a terra con gli occhi semichiusi che immobili fissano un punto sul soffito. 
una fila indiana di formiche laboriose raggiungono dalla finestra chiusa, i resti di una cena consumata due o tre giorni prima.
sì sono in casa. ma sono morto. sono morto da qualche giorno e nessuno lo sa.
lo scopriranno a breve perché le mancate presentazioni a lavoro di uno steward mettono in allarme la compagnia che inevitabilmente farà partire i voli in ritardo.
scopriranno che sono morto solo perché l'azienda per cui lavoravo ha perso quattro spicci a causa del boccone di traverso che ha causato il mio soffocamento. o forse a causa della scoperta dei ladri che mi hanno colpito sulla testa con la statuetta di ganesh che sta sulla libreria. o a causa di un mix di benzodiazepine e vodka che fa molto amy winehouse come genere di ragazza.

il telefono squilla alle 10.30 am in realtà.
-pronto ami.
-allora sei vivo? stai bene? nessuna scossa in testa? 
-ti prego chiamami anche domani non voglio che sia crewing la prima telefonata che ricevo da morto.

da quando sono di nuovo single questo il pensiero ricorrente che mi attraversa il cervello quando con gli occhi sbarrati giro senza fermarmi il caffè al mattino. 
eh già.. non penso alle feste che finalmente potrei godermi senza pensieri, nè agli eventuali rimorchi che ne potrebbero seguire.
penso al mio nome in un trafiletto di leggo distribuito gratuitamente in metro.
uno di quei tanti single che non aveva manco un gatto, trovato morto per la puzza di marcio su per le scale.

momento buio. solitudine imperante. 
c'è solo una cosa che posso fare come genere.. ed è partire.

giappone. sì vado in giappone. 
magari lì imparerò ad essere un pó geisha, onorando il mio compagno senza pensare solo a me.


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lunedì 24 marzo 2014

Il ritorno a casa (parte prima)

tic tic tic tic tic ... l'orologio gigante sul muro della cucina, che è anche un soggiorno, che è anche una camera da letto, che è anche una cabina armadio, scandisce i secondi rimbombando nel soffitto alto quattro metri del mio nuovo mini loft di milano.
eh già, miniloft. 
a milano non si dice monolocale a piano terra senza balconi. 
si dice mini loft.
e non importa se ti senti preciso preciso a pozzetto in ragazzo di campagna, quando si trasferisce in città, perché a milano tutto fa fico anche il disagio.
eh si, mi sono già iscritto in palestra, ho già riaperto il mutuo da natura si, ho già fatto colazione coi i goji berries, e ora quel maledetto orologio mi ricorda che non ho un cazzo da fare e che sto osservando quel citofono con la faccia di un innamorato che aspetta un sms dopo dopo le prime due settimane di relazione.
quel citofono non suonerà mai.
perché sono tre giorni che vivo a milano, e non c'è nessuno nei dintorni che possa desiderare che io prepari un caffè, che poi diventa un te, che poi diventa un vino, una pizza, un gin tonic una cazzo di birra.
non c'è terri che passa coi pasticcini, o un rob con du drinks e du situations. non ho neanche il telefono fisso e non posso sentire neanche ilary che mi parla di quanto è stressata ma che poi ridiamo come teenagers che si chiamano doposcuola.
vorrei addirittura sentire le lamentele di erica che si lagna di tutte le spese che bisogna affrontare, che poi alla fine non ne paga mai mezza ed è per quello che sono tante. insomma mi mancano i miei amici, quelli fatti a roma, quelli che incontri quando hai già superato i trenta e che con molta probabilità ti porterai avanti fino alla fine perché sono quelli con cui non litighi per le stronzate, perché ognuno infondo c'ha i suoi cazzi e nessuno c'ha voglia di tutto insieme for ever and ever.
allora che fare? scorrere la rubrica in cerca di un amico milanese che non stia facendo uno shooting, un happening , un ape di lavoro,o che non si stia facendo un etto di coca, o mezzo mondo su grindr?
No. 
sono ancora troppo grasso per far finta di gioire di fronte a due carote in pinzimonio del bulgari hotel.
e sono ancora abbastanza intelligente da non riuscire a sorridere di fronte a due foglie di alloro panate del diana majestic
ho deciso.
ho voglia di casa, ho voglia di mamma e di calabria. 
ho voglia di mia sorella, di mio padre che ripete da quarantacinque anni che non sopporta mia madre, ho voglia delle mie nipoti che quando le vedo penso che non ci sia party più bello di un loro sorriso.
ho voglia della gialla, di parlare con lui con gli occhi, ho voglia di svegliarmi nella mia cameretta, ho voglia di sentirmi chiedere cosa mangiamo stasera domani e dopodomani.
e chi me lo impedisce?
sono uno steward , non lavoro per quattro giorni, domani prendo il primo volo per lamezia e vado a mettere sette kili in quattro giorni nell'unico posto che io possa davvero chiamare casa.

martedì 18 marzo 2014

Jo is back come genere....

- pronto?
- ooohhh ma che fine hai fatto?
- sto partendo per milano adesso..che succede?
- sono giorni che io e il mio intestino siamo ai ferri corti. ad un certo punto ho anche smesso con le fibre. sono molto stitica come genere di ragazza. 
e il bello è che continuo a mangiare come una pazza! 
ormai le soluzioni sono due: o morirò di overdose da lassativi o ci sarà presto un'esplosione. 
sono disperato. aiutami ti prego!
- ugo dobbiamo rimandare i consigli ad un altro momento. sono in fila ai security in aeroporto e nel mezzo di un esaurimento da trasloco.
tu intanto beviti un paio di drink con un mix di benzodiazepine. non puoi permettere che il medico legale scriva deceduto per dose massiccia di guttalax.

chiudo.
 poso il telefono insieme alla cintura nel cestino che sta per passare al controllo. ho così tante volte fatto questa operazione che non mi accorgo neanche di farla. sono un frequent flyer automatizzato della rotta roma-milano. talmente frequent che non mi spiego il perché dell'aver lasciato passare tanti anni prima di ritrasferirmi a milano.
ho già fatto un viaggio estenuante in macchina carico come la volvo station wagon di otto marocchini che scendono in calabria da napoli per vendere collanine sulla spiaggia. sono già tornato a roma in aereo ieri per organizzare il trasferimento di quindici colli di vestiti made in china. e adesso sto tornando su a milano a tempo indeterminato. 

prego passi pure. con fare scocciato il security boy che non è neanche male, mi indica il  bagaglio.
mi ricompongo e seguo con passo da soldato il battito del mio cuore fino al gate C19 dove è in corso l'imbarco per milano linate.

arrivai a milano nel duemila. 
ho vissuto con lo zafferano nel cuore fino al duemiladieci.
poi una delusione d'amore , un eccessivo  ricorso ai party e quell'inarrestabile gipsy attitude, mi hanno fatto cadere nel baratro della amatriciana e della coda alla vaccinara.
peccato che quella stessa storia d'amore si fosse ricucita proprio qualche mese più in la tra una bruschetta alla cicoria e una carbonara di enzo a trastevere.
e peccato poi che facendo la scarpetta alla gricia , non ho fatto altro che incontrare gente che aveva grande dimestichezza come me coi party e gli after party.
insomma torno a milano che non ho imparato proprio un cazzo come genere di ragazza.
torno a milano che sono sempre io, con qualche kilo in più , e questa perenne voglia di andare altrove.
torno a milano che forse sto già sbagliando tutto, ma se la faccia non la sbatto per bene contro quel muro io non riesco proprio ad essere contento.
eccheccevoifà.
ciao Roma. 
però per lo meno Jo è tornato.